Terremoto, la preghiera di Roma

DI MICHELA ALTOVITI

La fede e la speranza in Dio sono l’antidoto che fa allontanare la paura.

Riprendendo una celebre citazione di Martin Luther King – «La paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire: non c’era nessuno» –, il vescovo ausiliare Riccardo Lamba ha guardato al «sentimento molto umano» della paura invitando a recepire, «seppure si fa fatica», il messaggio di Gesù che incoraggia i suoi discepoli a non temere e a riporre la loro fiducia nel Padre anche in relazione alla disperazione generata dal terremoto che ha interessato la Turchia e la Siria lo scorso 6 febbraio e, di nuovo, il 20 febbraio. Nel corso della veglia di preghiera per le popolazioni colpite, organizzata lunedì sera nella parrocchia dei Santi Fabiano e Venanzio, a Villa Fiorelli, il presule ha sottolineato come anche se «il “Non abbiate paura” di Gesù sembra quasi fuori luogo» rispetto alla devastazione provocata dal terremoto, si tratta di un monito «credibile» perché «a dirlo è Gesù, che ha avuto paura per primo sulla croce» e dunque «la credibilità è data dal suo averla vissuta e sperimentata». Lamba ha ricordato come «Gesù ha consegnato la sua angoscia nelle mani del Padre, che gli ha garantito che proprio passando attraverso quella esperienza di dolore sarebbe passato dalla morte alla vita». Da qui l’invito ad avere «fede nel Signore della vita, quella fede che ci ha riuniti qui stasera e che ci tiene uniti a tanti fratelli e sorelle che sono nella desolazione attraverso la preghiera, un filo sottile ma anche potentissimo – più della guerra, della bomba atomica e di ogni devastazione – che Dio ha messo nelle nostre mani».

Proprio le mani, simbolo di «una solidarietà concreta», sono per Lamba «l’altro strumento che possiamo usare per aiutare i nostri fratelli che sono nel dolore e nella necessità». Segno tangibile di vicinanza alle popolazioni di Siria e Turchia è il fondo straordinario che la diocesi di Roma ha istituito tramite la Caritas per l’emergenza terremoto, inviando i primi 50mila euro al cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria. Segno concreto di solidarietà è anche la colletta nazionale indetta dalla Conferenza episcopale italiana per domenica 26 marzo, quinta di Quaresima, quando tutte le offerte raccolte durante le celebrazioni eucaristiche saranno destinate alle necessità causate dal terremoto. «Non abbandonateci» è il grido di aiuto, con richiesta di vicinanza «nella preghiera e con la solidarietà», giunto attraverso la lettura delle 4 testimonianze che hanno animato la veglia di preghiera. In particolare, nella sua lettera da Antiochia, una delle città turche più colpite dal sisma, Maria Grazia Zambon, fidei donum da più di 20 anni in Turchia, spiega che «noi siamo pronti a fare tutto il possibile per riedificare le rovine ma abbiamo bisogno della vostra vicinanza in questa drammatica circostanza in cui il Signore dei vivi ci sollecita tutti ad essere una comunità ecclesiale che, guidata dal comandamento dell’amore, non resta nascosta e indifferente ma è luce del mondo che brilla più forte delle tenebre, della morte e dell’angoscia». E simbolo di luce hanno voluto essere le candele accese al termine della veglia ai piedi dell’immagine della Vergine di Pokrov o skepé, la Madonna del velo o del rifugio, che intercede e protegge tramite il suo mantello, immagine del costante ruolo materno e di intercessione di Maria. Tutta l’assemblea ha compiuto il gesto di affidamento e di speranza insieme a quello di prendere con sé un ciottolo, in segno di condivisione del dolore e delle fatiche che stanno vivendo e sperimentando i fratelli turchi e siriani. Con la «volontà di condivisione» ha spiegato la sua presenza e il desiderio di partecipare alla veglia «per pregare insieme a voi» l’archimandrita della comunità greco-cattolica Chihade Abboud, che ha definito la preghiera condivisa «un modo efficace di essere davvero vicini l’uno all’altro». Prima della benedizione finale, il ricordo di don Andrea Santoro, il sacerdote romano fidei donum ucciso in Turchia e sepolto nella parrocchia di Villa Fiorelli di cui fu parroco, e la lettura di una delle sue “Lettere dalla Turchia” in cui sosteneva che «con Dio la povertà diventa ricchezza e l’impotenza diventa grazia».

Leggi tutto

Un momento della veglia presieduta dal vescovo Lamba (foto Gennari)